Per una partita come Inter-Chelsea non servono introduzioni. Basta una partenza in medias res, magari già dal terzo minuto. Una partenza secca, rabbiosa, precisa, letale. Proprio come il gol di Milito.
Un gol che, a differenza di tanti altri nella carriera del Principe, nell'Inter o nel calcio in generale, non ha nemmeno bisogno di essere associato a una telecronaca o a delle parole in particolare per essere fissato nella memoria.
Basta un boato, un attimo di fiato sospeso, mentre Diego manda a spasso John Terry, con una finta che riproporrà in modo simile qualche partita dopo, e poi di nuovo un boato, molto più forte di quello di prima. Il rumore di quel pallone che si infila in rete rimane tuttora inconfondibile, ed è esattamente il rumore che fa una maledizione che si spezza.
Quella di una squadra che per il terzo anno di fila trova un'avversaria inglese agli ottavi, dopo due eliminazioni dolorose, in cui è sempre mancato quel salto di qualità, quello step ulteriore tra il dominare in Italia e l'imporsi in Europa.
In tempi in cui ancora non si parlava di Brexit, le inglesi erano tra le più temute e quella partita, tra la sfida al passato di Mou e il ritorno di Ancelotti a San Siro, poteva benissimo essere una finale anticipata. Solo che non lo sapevamo ancora. Ci serviva ancora quel gol, per capirlo.
Kujit, Gerrard, Torres, e poi Vidic e Ronaldo avevano sottolineato più volte i nostri limiti, che avevano radici profonde e di vario genere. La stessa Inter della prima parte di stagione, soprattutto in Europa, stava ancora prendendo forma, ed era tutt'altro che pronta per certi livelli, come abbiamo visto finora nel racconto del nostro girone.
L'Inter vista da gennaio in poi, invece, quella che aprirà un nuovo decennio, fatto di gioie, dolori e grandissimi cambiamenti, sembra una squadra diversa.
Prima di tutto si è vista una squadra migliorata dal punto di vista mentale. Abbiamo già delle prove in questo nuovo avvio di anno, come l'esultanza di Samuel al 94' contro il Siena, sotto il diluvio di quella rimonta epica, o il 2-0 a dir poco eroico rifilato al Milan in inferiorità numerica.
Questa Inter è una squadra che ha raggiunto una maturità nuova, che ha metabolizzato la difficoltà di vivere ai livelli più alti e ha trasformato la sofferenza in un carburante fondamentale per far funzionare al massimo il proprio motore.
La gestione dell'avvicinamento a questi ottavi di Champions è un capolavoro di strategia comunicativa da parte di Mourinho.
Già nel prepartita di Inter-Sampdoria del 20 febbraio, Mou si lancia in tackle a difesa dei suoi ragazzi, concentrando in tutti i modi possibili l'attenzione dei media su di sé, come un condottiero che si lancia in pasto ai nemici per facilitare le cose al proprio esercito.
Lo Special One ne ha per tutti: per la Juve, per Bettega, per il Napoli, per la Roma. Non risparmia nessuno. Verrà additato come irrispettoso, nervoso, stressato, la gente penserà che è matto o che non sa più che pesci prendere, ma le sue frasi machiavelliche che sono tutt'altro che una sfuriata fine a sé stessa o, impressione ancor più sbagliata, un'ammissione di debolezza. Questa Inter ormai è tutt'altro che debole e se ne sta rendendo conto sempre di più.
L'esca è lanciata, poi arriva finalmente la tanto discussa partita con la Sampdoria. Una partita difficilissima, perché i blucerchiati nel 2010 vivono un'annata strepitosa e sono un'avversaria di primo livello, capace di mettere in difficoltà chiunque. La Samp infatti ci ha già battuto, da capolista, nel girone di andata e di lì a poco ci fermerà di nuovo, nella celebre partita della "pañolada". A modo suo la Samp sarà una protagonista chiave del nostro campionato, con la vittoria in casa della Roma che regalerà alla squadra di Garrone uno storico piazzamento in Champions e a noi anche qualcosa in più.
È una digressione oggettivamente lunga per parlare di un ottavo di Champions, ma 4 giorni prima di questo Inter-Chelsea, a San Siro assistiamo a uno dei momenti più iconici della nostra storia recente.
E così, il giorno prima della partita, quasi non si pensa al Chelsea: arrivano le tre giornate a Mourinho, due a Cambiasso, due a Muntari, una a Samuel, una a Cordoba. Per di più ,con tempismo hollywoodiano, Julio Cesar finisce per fare un incidente d'auto e non sappiamo ancora se sarà in campo o meno.
È così che, dopo tutta questa serie di eventi, il 24 febbraio, per Inter-Chelsea non si vede una squadra spaventata. Non c'è paura, ma curiosità e trepidazione.
L'Inter che si presenta di fronte ai futuri campioni d'Inghilterra non è solo una squadra forte dal punto dei vista dei nervi, tutt'altro, è una squadra matura anche dal punto di vista tattico. Mou sceglie un approccio offensivo e coraggioso, e interpreta la partita con la volontà di giocarsela a viso aperto, da grande squadra.
Ed eccoci di nuovo dove eravamo partiti, mi scuserete per la digressione.
Inter-Chelsea 2010: la partita
Come dicevamo, dopo tre minuti l'Inter è già in vantaggio, col gran gol di Milito, la finta su Terry (un capitano che si fa beccare con la fidanzata di un compagno di squadra? PFFFF DILETTANTE VIENI QUI CHE TI SPIEGHIAMO NOI DUE COSINE) e il boato di San Siro.
In quel momento la "piccola" Inter è diventata grande. Dopo il Liverpool, dopo il Manchester, al quinto tentativo siamo finalmente riusciti ad andare in gol in un ottavo di Champions League. Ed è un piccolo dettaglio che da solo ci porta già a metà dell'opera.
Il Chelsea da quel momento in poi non ci teme, certo, ma sicuramente ci rispetta. La partita è tutt'altro che chiusa, è tutt'altro che semplice, e ovviamente c'è da soffrire. Prima di tutto perché abbiamo dei grandi giocatori davanti (uno strepitoso Drogba su tutti), secondo perché comunque siamo interisti, terzo perché come abbiamo detto ormai la sofferenza è la nostra benzina e più ce n'è, più siamo motivati a dare il massimo. E così anche quando il nostro incidentato Julio prende un gol evitabile su un tiro beffardo di Kalou, ci bastano appena quattro minuti per rimettere le cose in ordine.
Arriva un tiro da fuori di Cambiasso, uno dei giocatori che magari fino a questo punto della stagione sono stati meno "appariscenti", ma che sono l'anima di questa squadra. Scaglia un pallone a tutta velocità verso Cech, un sinistro rabbioso, preciso e potente. Il pallone però va a sbattere sulla pancia di Ivanovic (a distanza di tutti questi anni tanta stima per lui per essere rimasto in piedi, non sarei mai e poi mai voluto essere al suo posto).
Forse per la vecchia Inter quell'azione sarebbe finita lì. Ma questa volta è diverso, quest'anno è diverso. Come se fosse telecomandato, il pallone ritorna precisamente sui piedi di Cambiasso. Il Cuchu non si scompone, e ci riprova. Un sinistro ancora più rabbioso, ancora più preciso, ancora più potente. Cech, spiazzato, può solo osservare la palla che si infila in rete.
C'è ancora tanto da giocare, 35 minuti qui, e almeno altri 90 lunghissimi a Londra. Ci sarà da soffrire, certo. Ma nel caso in cui a qualcuno servisse una seconda conferma, è appena arrivata: questa Inter è diventata grande.
Per una partita come Inter-Chelsea non servono introduzioni. Basta una partenza in medias res, magari già dal terzo minuto. Una partenza secca, rabbiosa, precisa, letale. Proprio come il gol di Milito.
Un gol che, a differenza di tanti altri nella carriera del Principe, nell'Inter o nel calcio in generale, non ha nemmeno bisogno di essere associato a una telecronaca o a delle parole in particolare per essere fissato nella memoria.
Basta un boato, un attimo di fiato sospeso, mentre Diego manda a spasso John Terry, con una finta che riproporrà in modo simile qualche partita dopo, e poi di nuovo un boato, molto più forte di quello di prima. Il rumore di quel pallone che si infila in rete rimane tuttora inconfondibile, ed è esattamente il rumore che fa una maledizione che si spezza.
Quella di una squadra che per il terzo anno di fila trova un'avversaria inglese agli ottavi, dopo due eliminazioni dolorose, in cui è sempre mancato quel salto di qualità, quello step ulteriore tra il dominare in Italia e l'imporsi in Europa.
In tempi in cui ancora non si parlava di Brexit, le inglesi erano tra le più temute e quella partita, tra la sfida al passato di Mou e il ritorno di Ancelotti a San Siro, poteva benissimo essere una finale anticipata. Solo che non lo sapevamo ancora. Ci serviva ancora quel gol, per capirlo.
Kujit, Gerrard, Torres, e poi Vidic e Ronaldo avevano sottolineato più volte i nostri limiti, che avevano radici profonde e di vario genere. La stessa Inter della prima parte di stagione, soprattutto in Europa, stava ancora prendendo forma, ed era tutt'altro che pronta per certi livelli, come abbiamo visto finora nel racconto del nostro girone.
L'Inter vista da gennaio in poi, invece, quella che aprirà un nuovo decennio, fatto di gioie, dolori e grandissimi cambiamenti, sembra una squadra diversa.
Prima di tutto si è vista una squadra migliorata dal punto di vista mentale. Abbiamo già delle prove in questo nuovo avvio di anno, come l'esultanza di Samuel al 94' contro il Siena, sotto il diluvio di quella rimonta epica, o il 2-0 a dir poco eroico rifilato al Milan in inferiorità numerica.
Questa Inter è una squadra che ha raggiunto una maturità nuova, che ha metabolizzato la difficoltà di vivere ai livelli più alti e ha trasformato la sofferenza in un carburante fondamentale per far funzionare al massimo il proprio motore.
La gestione dell'avvicinamento a questi ottavi di Champions è un capolavoro di strategia comunicativa da parte di Mourinho.
Già nel prepartita di Inter-Sampdoria del 20 febbraio, Mou si lancia in tackle a difesa dei suoi ragazzi, concentrando in tutti i modi possibili l'attenzione dei media su di sé, come un condottiero che si lancia in pasto ai nemici per facilitare le cose al proprio esercito.
Lo Special One ne ha per tutti: per la Juve, per Bettega, per il Napoli, per la Roma. Non risparmia nessuno. Verrà additato come irrispettoso, nervoso, stressato, la gente penserà che è matto o che non sa più che pesci prendere, ma le sue frasi machiavelliche che sono tutt'altro che una sfuriata fine a sé stessa o, impressione ancor più sbagliata, un'ammissione di debolezza. Questa Inter ormai è tutt'altro che debole e se ne sta rendendo conto sempre di più.
L'esca è lanciata, poi arriva finalmente la tanto discussa partita con la Sampdoria. Una partita difficilissima, perché i blucerchiati nel 2010 vivono un'annata strepitosa e sono un'avversaria di primo livello, capace di mettere in difficoltà chiunque. La Samp infatti ci ha già battuto, da capolista, nel girone di andata e di lì a poco ci fermerà di nuovo, nella celebre partita della "pañolada". A modo suo la Samp sarà una protagonista chiave del nostro campionato, con la vittoria in casa della Roma che regalerà alla squadra di Garrone uno storico piazzamento in Champions e a noi anche qualcosa in più.
È una digressione oggettivamente lunga per parlare di un ottavo di Champions, ma 4 giorni prima di questo Inter-Chelsea, a San Siro assistiamo a uno dei momenti più iconici della nostra storia recente.
E così, il giorno prima della partita, quasi non si pensa al Chelsea: arrivano le tre giornate a Mourinho, due a Cambiasso, due a Muntari, una a Samuel, una a Cordoba. Per di più ,con tempismo hollywoodiano, Julio Cesar finisce per fare un incidente d'auto e non sappiamo ancora se sarà in campo o meno.
È così che, dopo tutta questa serie di eventi, il 24 febbraio, per Inter-Chelsea non si vede una squadra spaventata. Non c'è paura, ma curiosità e trepidazione.
L'Inter che si presenta di fronte ai futuri campioni d'Inghilterra non è solo una squadra forte dal punto dei vista dei nervi, tutt'altro, è una squadra matura anche dal punto di vista tattico. Mou sceglie un approccio offensivo e coraggioso, e interpreta la partita con la volontà di giocarsela a viso aperto, da grande squadra.
Ed eccoci di nuovo dove eravamo partiti, mi scuserete per la digressione.
Inter-Chelsea 2010: la partita
Come dicevamo, dopo tre minuti l'Inter è già in vantaggio, col gran gol di Milito, la finta su Terry (un capitano che si fa beccare con la fidanzata di un compagno di squadra? PFFFF DILETTANTE VIENI QUI CHE TI SPIEGHIAMO NOI DUE COSINE) e il boato di San Siro.
In quel momento la "piccola" Inter è diventata grande. Dopo il Liverpool, dopo il Manchester, al quinto tentativo siamo finalmente riusciti ad andare in gol in un ottavo di Champions League. Ed è un piccolo dettaglio che da solo ci porta già a metà dell'opera.
Il Chelsea da quel momento in poi non ci teme, certo, ma sicuramente ci rispetta. La partita è tutt'altro che chiusa, è tutt'altro che semplice, e ovviamente c'è da soffrire. Prima di tutto perché abbiamo dei grandi giocatori davanti (uno strepitoso Drogba su tutti), secondo perché comunque siamo interisti, terzo perché come abbiamo detto ormai la sofferenza è la nostra benzina e più ce n'è, più siamo motivati a dare il massimo. E così anche quando il nostro incidentato Julio prende un gol evitabile su un tiro beffardo di Kalou, ci bastano appena quattro minuti per rimettere le cose in ordine.
Arriva un tiro da fuori di Cambiasso, uno dei giocatori che magari fino a questo punto della stagione sono stati meno "appariscenti", ma che sono l'anima di questa squadra. Scaglia un pallone a tutta velocità verso Cech, un sinistro rabbioso, preciso e potente. Il pallone però va a sbattere sulla pancia di Ivanovic (a distanza di tutti questi anni tanta stima per lui per essere rimasto in piedi, non sarei mai e poi mai voluto essere al suo posto).
Forse per la vecchia Inter quell'azione sarebbe finita lì. Ma questa volta è diverso, quest'anno è diverso. Come se fosse telecomandato, il pallone ritorna precisamente sui piedi di Cambiasso. Il Cuchu non si scompone, e ci riprova. Un sinistro ancora più rabbioso, ancora più preciso, ancora più potente. Cech, spiazzato, può solo osservare la palla che si infila in rete.
C'è ancora tanto da giocare, 35 minuti qui, e almeno altri 90 lunghissimi a Londra. Ci sarà da soffrire, certo. Ma nel caso in cui a qualcuno servisse una seconda conferma, è appena arrivata: questa Inter è diventata grande.
🐊 - Buongiorno a tutti ma a Massimiliano tanto finirete sesti Allegri un po’ di più. 🐊 -Curva Nord: OOOOOH FINO AL VENTESIMO NON SI CANTA PRIMO ANELLOOOOO Il primo verde e tutto lo stadio: pic.twitter.com/M8ajcFMWwe — Lisq (@lisa__lisah) January 18, 2023 🐊 - Ieri a San Siro c’era un’atmosfera da ultimo giorno di scuola. Ora ci manca […]
0' - Mi si sono confusi i giorni, un'ora fa stavamo giocando a Roma, mezz'ora fa facevamo le dirette dallo spogliatoio con la Coppa, ora giochiamo di nuovo. Ma siamo noi? Cioè l'Inter? PRIMO TEMPO 1' - ROOOOMMMEEEELLLUUUUUU ma così presto è legale? 2' - BAREEEEEEEEEEEE no dai non mi date illusioni, stiamo giocando troppo […]
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