Più invecchio più gli anni passano veloci. Capodanno sembra ieri e aprile sta finendo. Eppure, in questa moltitudine di anni che si accumulano, riesco a scorgere una ricorrenza.
È qualcosa che si ripete sempre uguale, e si “festeggia” sempre in questo periodo.
Il fallimento delle stagioni interiste.
Ogni anno, sul finire di aprile, guardo la classifica e trovo la squadra che amo in un infimo pantano, a lottare per posizioni che non gli competono.
Lo stato di sconforto che accompagna questa consapevolezza non è l’unica cosa che negli ultimi anni si ripete in una sorta di eterno ritorno dell’uguale. Nelle ultime due stagioni, infatti, siamo rimbalzati come una pallina da ping pong tra momenti di entusiasmo frenetico in cui ci sembrava di essere imbattibili e tragici ritorni al nostro attuale, tragico, posto in classifica.
Visti i precedenti, avrei tutte le ragioni per essere pessimista, ma in cuor mio so già che non appena si aprirà il calciomercato ritornerò a pensare in grande, chiudendo ironicamente l’eterno ciclo che si ripete ogni anno.
Penso che essere interisti significhi anche crederci sempre. Io l’ho sempre fatto, anche nei momenti più bui. Per esempio, il 5 maggio – data a noi vicina, peraltro – quando mio padre volle tornare a casa con il risultato sul 3 a 2 e io passai il viaggio in macchina disteso in lacrime sul sedile posteriore.
Persino quel giorno, tornato a casa, accesi subito il televideo con la forte speranza che avessimo ribaltato la partita.
Ma per quanto romantica sia l’infinita speranza di noi tifosi, bisogna prendere coscienza che molte cose devono cambiare se non vogliamo che questa serie di anni grigi diventino un tunnel infinito di frustrazioni.
E devono cambiare lassù, dove si prendono le decisioni, prima che in panchina o in campo.
Credo che la proprietà stia cercando di avvicinarsi alla squadra, garantendo almeno la presenza che con Thohir era una chimera pure sfortunata. Ma penso che questo non possa bastare.
Vedo come nei tifosi si respiri il desiderio di una figura che conosca l’ambiente e abbia la mentalità vincente, da ‘Inter’. Perché questa è la prima grande lacuna di questa squadra. Lo si nota in campo, quando si difende soffrendo il risultato contro la provinciale di turno a San Siro. Lo si nota in panchina con scelte sconsiderate nelle partite che contavano.
Sono solo un tifoso e non voglio fare investiture, ma penso seriamente che questo sia il primo acquisto a cui deve pensare la dirigenza, prima che inizi il mercato possibilmente.
Poi si potrà rinnovare giocatori, allenatore, staff, medici, fisioterapisti, magazzinieri, birilli, tutto quello che vorremo. Ma quello è un tassello fondamentale affinché tra un anno - e ogni anno futuro - non mi ritrovi di nuovo qui.