An Inter Carol - Lo spettro dell'Inter Presente

Ciao! Questa è la terza parte di una saga natalizia, che potete trovare cliccando qui


TERZA STROFA – LO SPETTRO DELL’INTER PRESENTE

La caduta nel vuoto continuò per qualche istante, finché non arrivò il contatto con il letto. Percepire al tatto quella superficie morbida lo rese più tranquillo, poiché gli diede la convinzione di essere finalmente tornato alla realtà: quei sogni dovevano pur finire! La speranza di Scroogiotta però durò meno dell’incarico da allenatore di De Boer.

Il suo sguardo infatti venne attratto da una luce baluginante proveniente dalla sala della sua enorme e fredda casa. Quella luce lo chiamava a sé, e solo guardandola, Scroogiotta sentiva un calore nel petto. Si fece coraggio e andò. Aprì la porta ed entrò.

C’era talmente tanta luce che Scroogiotta non riusciva a vedere assolutamente nulla, ma andò avanti lo stesso. La porta gli si richiuse alle spalle, e una risata riempì la stanza. Non era una risata maligna, anzi! Era una risata calda, accogliente e coinvolgente, che non riusciva a non strapparti un sorriso. La luce si affievolì pian piano, e Scroogiotta riuscì a scorgerne la provenienza: una torcia baluginante, tenuta in mano da un uomo, e che uomo!

Alto e imponente, con un barbone, lo guardava dall’alto in basso, complice il fatto che Scrogiotta, per lo spavento, si era rannicchiato sul pavimento. L’omone lo incalzò con la sua voce profonda: “Beh, perchè tanto stupore? Non hai mai visto uno dei miei fratelli maggiori?”

 “Voi avete le fattezze di Romelu Lukaku, ma non siete lui! Fratelli maggiori? Ne avete molti?”

An Inter Carol - Lo spettro dell'Inter Presente 1 Ranocchiate
Lo spettro dell'Inter presente

“Più 100, 112, per l’esattezza! Io sono lo spirito dell’Interbell del presente!”

 L’ormai rassegnato Scroogiotta, a quel punto, disse mestamente, quasi implorò in realtà: “Spirito, portatemi dove dovete.” Con una profonda risata lo Spirito sparse le braci della sua torcia, ed aprì una finestra sulla città sotto i loro piedi. Porse poi a Scroogiotta una cinta nerazzurra, alla quale potersi aggrappare per il viaggio.

 La prima tappa fu, dopo un viaggio in cui lo Spirito si divertì a far venire infarti a ripetizione a Scrogiotta (cosa per altro molto comune tra i tifosi dell’Inter negli ultimi 10-15 minuti di ogni partita) casa del suo sottoposto, Peter Auscractchit. Una casa a dir poco misera, e Beppeneezer sentì subito i sensi di colpa: era lui a costringere il suo unico aiutante a vivere in un posto del genere. Auscractchit però non era rincasato, ancora. Stava sicuramente svolgendo la mole di lavoro immensa che Scroogiotta gli aveva assegnato anche in quel giorno di festa. Con il fantasma, però, Scroogiotta non fu così onesto, tanto che chiese: “ Ma come è possibile che voi spiriti permettiate di vivere in una casa del genere, specialmente in un giorno che dovrebbe essere così felice?”

 Lo spirito, avendo percepito l’ipocrisia del vecchio despota, si fece enorme e minaccioso: “A noi davvero imputi una tale perfidia? La colpa di una tale miseria è di uomini come te!” Scroogiotta capì che non c’era nulla da scherzare, e si ammutolì. Lo Spirito, ancora indispettito dal gesto di Beppeneezer, mostrò l’esterno della casa, con due dei figli del povero Peter che portavano un misero panettone a casa. Poco dietro di loro c’era Austractchit, che, pur avendo subito i torti e le vessazioni del tremendo Scroogiotta, sembrava visibilmente felice di tornare a casa e teneva uno dei suoi figli, il picccolo Stefy, in braccio.

An Inter Carol - Lo spettro dell'Inter Presente 2 Ranocchiate
Peter Auscractchit con il piccolo Stefy

L’impiegato entrò in casa, e Spirito e Scroogiotta subito dietro di lui. La casa risultò ancor più misera di quanto non fosse apparsa poco prima, ma era percepibile l’amore reciproco delle persone al suo interno. “Oh! Che bello essere tutti insieme qui oggi!!” esclamò Peter rivolgendo un sorriso alla moglie, che però di rimando gli chiese, in tono preoccupato: “Si è comportato bene il piccolo Stefy oggi?” “Assolutamente, come un Angelo, e anche meglio! Gli ha fatto bene uscire un po’! Non sai che strani pensieri ti vengono se stai tutto il tempo chiuso in infermeria! Tornando a casa mi ha chiesto di farlo vedere in giro, perchè secondo lui fa piacere agli altri vedere qualcuno infermo come lui, così gli altri possono rendersi conto di quanto sono fortunati a non essere delicati come lui!” fece una pausa “Mi sembra che ogni giorno che passa il suo rientro sembri più sicuro, si sta rinforzando molto..”

Ma l’espressione sul suo viso tradiva quelle parole. La moglie non rispose, si girò, e non riuscì ad impedire che un’espressione amara si impossessasse del suo viso, e che le lacrime non le salirono agli occhi. Non cedette, era una donna forte. Proprio in quel momento, il piccolo Stefy rientrò nella stanza dove si trovavano i suoi genitori, arrancando con le stampelle. Il suo spirito, però, era forte, e la sua voce squillante: “Che profumo che c’è in casa! Il panettone sembra squisito!” Chi invece vacillava, sotto i colpi di una tale miseria, era Scroogiotta: “Spirito, ditemi, Stefy…” “All’angolo del povero focolare, io vedo un posto vuoto, e una stampella senza proprietario, gelosamente custodita.” Questo fu decisamente troppo per Scroogiotta, che non riusciva a mandare giù il groppo che gli si era formato in gola. Ma non era finita. “A Scroogiotta! Il finanziatore della festa!” Sentì esclamare Peter.

 Come era possibile che il suo impiegato, dopo il pessimo trattamento giornaliero che lui in persona gli riservava, gli potesse essere grato per quella misera cena? La moglie di Peter esternò il suo pensiero: “Come puoi ringraziare quell’uomo? Brinderò a noi, ma mai a lui! “Mia cara, è il giorno di Natale! Felice Natale a tutti noi! che D10S ci benedica!”

A quel punto Scroogiotta cedette: “Gentile Spirito, ditemi che Stefy continuerà a giocare!”

Se queste ombre non muteranno in futuro, il piccolo Stefy appenderà le scarpette al chiodo.” “No Spirito, no…” “Che c’è? Se smette tanto meglio! Così diminuisce il monte ingaggi!” disse lo Spirito parafrasando Scroogiotta, a tal punto che il suo viso si trasfigurò in quello del dirigente dal cuore di pietra. Altro colpo accusato da Scroogiotta.

 Lo Spirito, ritenendo di aver mostrato tutto il necessario in quella casa, ripartì senza preamboli. Attraversarono a volo d’uccello la città, per finire nella residenza di Javred, che stava festeggiando il Natale con un nutrito gruppo di altri dirigenti dell’Inter. Immediatamente Scroogiotta si rese conto che il gruppo dei suoi sottoposti stava giocando ad “Indovina chi?”, e che il bersaglio di una descrizione ben poco educata era proprio lui. Il massimo dirigente ci rimase molto male, e lo Spirito, consapevole di aver colpito nel segno, fece un’espressione soddisfatta.

Mi dispiace per zio Beppeneezer però, mi dispiace che pensi che il Natale all’Inter sia come il Natale alla Juventus. Tutti sappiamo che non è così. Ma la cosa che più mi dispiace, in assoluto, è il fatto che lui sia l’unico a rimetterci per questo suo modo di pensare. In fondo, noi siamo tutti qui a ridere di Ricky Maravilla, a scherzare su Gabigol, a cantare Inter-Bell ogni volta che il nostro cuore sente che il momento è quello giusto.. E’ lui che perde qualcosa, non siamo noi. Non ha voluto accettare il mio augurio, tantomeno ha accettato il mio invito, ma che anche il caro zio Beppeneezer abbia un felice Natale sulle note di Interbell, glielo auguro con tutto il mio cuore nerazzurro!” Ci fu un momento di imbarazzo nella sala, ma poi pian piano, chi più, chi meno convinto, alzò il calice ed esclamò: “A Scroogiotta!”

Beppeneezer abbassò il capo, di nuovo colpito dall’affetto che gli altri gli dedicavano, nonostante la sua freddezza. Lo Spirito cambiò di nuovo luogo: ora si trovavano in un ampia sala priva di ogni arredamento. Scroogiotta notò qualcosa di differente nello spirito, appariva invecchiato, la barba bianca, ampie rughe gli solcavano il viso. Decisamente non sembrava più Romelu. “La vostra vita è così breve?”

 “Oh si, finisce stanotte, a mezzanotte!” ed un lugubre ticchettio iniziò a risuonare. Lo spirito si erse in tutta la sua altezza, la sua torcia sempre più flebile. Scroogiotta non potè fare a meno di notare quattro piccoli piedi che spuntavano dal pesante giaccone dello Spirito, piedi troppo piccoli per appartenergli.

 “Chi celate sotto il giaccone?” Lo Spirito, per tutta risposta, aprì le vesti e mostrò due bambini rannicchiati e li presentò: “Questo rappresenta tutti i #MITT che non saranno mai messi, e questo rappresenta tutti i #RIPIGL che non verranno mai ripresi. La responsabilità è solo di uomini come te, che comprano solo giocatori “fUnZiOnALi aL pRoGeTtO” invece di dare a questi giovani, idoli di ogni tifoso ma soprattutto dello stagno, una possibilità di brillare nella squadra che li ha allevati fin da piccoli!”

 Una campana suonò, e per lo Spirito fu come ricevere un colpo, tanto che cadde a terra. #MITT e #RIPIGL rimasero indifesi e Scroogiotta avanzò verso di loro dicendo:

 “Ma non hanno un rifugio! Non hanno chi si prende cura di loro!” Il #MITT crebbe e mutò fino a prendere le fattezze di Samuele Longo, da poco venduto da Scroogiotta: “Ma come vecchio? Il Vicenza non è una grande piazza!?”

Fu il turno del #RIPIGL, che si trasformò fino a diventare chiaramente Rafinha: “Tante promesse di ritorno, poi sono finito a giocare al PSG insieme a gente che finge infortuni alle scinokia.. Beppeneezer, ma non ti vergogni?”

An Inter Carol - Lo spettro dell'Inter Presente 3 Ranocchiate
Samu Longo e #RIPIGL Rafinha

 Beppeneezer urlava dal dolore, mentre lo Spirito, coi suoi ultimi istanti di vita, si abbandonava ad una risata profonda, poi il silenzio. Scroogiotta rimase solo, col solo rumore di un orologio a scandire il tempo prezioso che passa. Dalla sua stessa ombra, crebbe una figura, che Beppeneezer sapeva essere il terzo Spirito.

CONTINUA...

Ideazione e Supervisione: Vincenzo Aversa
Illustrazioni a cura di Andrea Pisani
Testi di: Andrea Gobbo

An Inter Carol - Lo spettro dell'Inter Presente

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TERZA STROFA – LO SPETTRO DELL’INTER PRESENTE

La caduta nel vuoto continuò per qualche istante, finché non arrivò il contatto con il letto. Percepire al tatto quella superficie morbida lo rese più tranquillo, poiché gli diede la convinzione di essere finalmente tornato alla realtà: quei sogni dovevano pur finire! La speranza di Scroogiotta però durò meno dell’incarico da allenatore di De Boer.

Il suo sguardo infatti venne attratto da una luce baluginante proveniente dalla sala della sua enorme e fredda casa. Quella luce lo chiamava a sé, e solo guardandola, Scroogiotta sentiva un calore nel petto. Si fece coraggio e andò. Aprì la porta ed entrò.

C’era talmente tanta luce che Scroogiotta non riusciva a vedere assolutamente nulla, ma andò avanti lo stesso. La porta gli si richiuse alle spalle, e una risata riempì la stanza. Non era una risata maligna, anzi! Era una risata calda, accogliente e coinvolgente, che non riusciva a non strapparti un sorriso. La luce si affievolì pian piano, e Scroogiotta riuscì a scorgerne la provenienza: una torcia baluginante, tenuta in mano da un uomo, e che uomo!

Alto e imponente, con un barbone, lo guardava dall’alto in basso, complice il fatto che Scrogiotta, per lo spavento, si era rannicchiato sul pavimento. L’omone lo incalzò con la sua voce profonda: “Beh, perchè tanto stupore? Non hai mai visto uno dei miei fratelli maggiori?”

 “Voi avete le fattezze di Romelu Lukaku, ma non siete lui! Fratelli maggiori? Ne avete molti?”

An Inter Carol - Lo spettro dell'Inter Presente 4 Ranocchiate
Lo spettro dell'Inter presente

“Più 100, 112, per l’esattezza! Io sono lo spirito dell’Interbell del presente!”

 L’ormai rassegnato Scroogiotta, a quel punto, disse mestamente, quasi implorò in realtà: “Spirito, portatemi dove dovete.” Con una profonda risata lo Spirito sparse le braci della sua torcia, ed aprì una finestra sulla città sotto i loro piedi. Porse poi a Scroogiotta una cinta nerazzurra, alla quale potersi aggrappare per il viaggio.

 La prima tappa fu, dopo un viaggio in cui lo Spirito si divertì a far venire infarti a ripetizione a Scrogiotta (cosa per altro molto comune tra i tifosi dell’Inter negli ultimi 10-15 minuti di ogni partita) casa del suo sottoposto, Peter Auscractchit. Una casa a dir poco misera, e Beppeneezer sentì subito i sensi di colpa: era lui a costringere il suo unico aiutante a vivere in un posto del genere. Auscractchit però non era rincasato, ancora. Stava sicuramente svolgendo la mole di lavoro immensa che Scroogiotta gli aveva assegnato anche in quel giorno di festa. Con il fantasma, però, Scroogiotta non fu così onesto, tanto che chiese: “ Ma come è possibile che voi spiriti permettiate di vivere in una casa del genere, specialmente in un giorno che dovrebbe essere così felice?”

 Lo spirito, avendo percepito l’ipocrisia del vecchio despota, si fece enorme e minaccioso: “A noi davvero imputi una tale perfidia? La colpa di una tale miseria è di uomini come te!” Scroogiotta capì che non c’era nulla da scherzare, e si ammutolì. Lo Spirito, ancora indispettito dal gesto di Beppeneezer, mostrò l’esterno della casa, con due dei figli del povero Peter che portavano un misero panettone a casa. Poco dietro di loro c’era Austractchit, che, pur avendo subito i torti e le vessazioni del tremendo Scroogiotta, sembrava visibilmente felice di tornare a casa e teneva uno dei suoi figli, il picccolo Stefy, in braccio.

An Inter Carol - Lo spettro dell'Inter Presente 5 Ranocchiate
Peter Auscractchit con il piccolo Stefy

L’impiegato entrò in casa, e Spirito e Scroogiotta subito dietro di lui. La casa risultò ancor più misera di quanto non fosse apparsa poco prima, ma era percepibile l’amore reciproco delle persone al suo interno. “Oh! Che bello essere tutti insieme qui oggi!!” esclamò Peter rivolgendo un sorriso alla moglie, che però di rimando gli chiese, in tono preoccupato: “Si è comportato bene il piccolo Stefy oggi?” “Assolutamente, come un Angelo, e anche meglio! Gli ha fatto bene uscire un po’! Non sai che strani pensieri ti vengono se stai tutto il tempo chiuso in infermeria! Tornando a casa mi ha chiesto di farlo vedere in giro, perchè secondo lui fa piacere agli altri vedere qualcuno infermo come lui, così gli altri possono rendersi conto di quanto sono fortunati a non essere delicati come lui!” fece una pausa “Mi sembra che ogni giorno che passa il suo rientro sembri più sicuro, si sta rinforzando molto..”

Ma l’espressione sul suo viso tradiva quelle parole. La moglie non rispose, si girò, e non riuscì ad impedire che un’espressione amara si impossessasse del suo viso, e che le lacrime non le salirono agli occhi. Non cedette, era una donna forte. Proprio in quel momento, il piccolo Stefy rientrò nella stanza dove si trovavano i suoi genitori, arrancando con le stampelle. Il suo spirito, però, era forte, e la sua voce squillante: “Che profumo che c’è in casa! Il panettone sembra squisito!” Chi invece vacillava, sotto i colpi di una tale miseria, era Scroogiotta: “Spirito, ditemi, Stefy…” “All’angolo del povero focolare, io vedo un posto vuoto, e una stampella senza proprietario, gelosamente custodita.” Questo fu decisamente troppo per Scroogiotta, che non riusciva a mandare giù il groppo che gli si era formato in gola. Ma non era finita. “A Scroogiotta! Il finanziatore della festa!” Sentì esclamare Peter.

 Come era possibile che il suo impiegato, dopo il pessimo trattamento giornaliero che lui in persona gli riservava, gli potesse essere grato per quella misera cena? La moglie di Peter esternò il suo pensiero: “Come puoi ringraziare quell’uomo? Brinderò a noi, ma mai a lui! “Mia cara, è il giorno di Natale! Felice Natale a tutti noi! che D10S ci benedica!”

A quel punto Scroogiotta cedette: “Gentile Spirito, ditemi che Stefy continuerà a giocare!”

Se queste ombre non muteranno in futuro, il piccolo Stefy appenderà le scarpette al chiodo.” “No Spirito, no…” “Che c’è? Se smette tanto meglio! Così diminuisce il monte ingaggi!” disse lo Spirito parafrasando Scroogiotta, a tal punto che il suo viso si trasfigurò in quello del dirigente dal cuore di pietra. Altro colpo accusato da Scroogiotta.

 Lo Spirito, ritenendo di aver mostrato tutto il necessario in quella casa, ripartì senza preamboli. Attraversarono a volo d’uccello la città, per finire nella residenza di Javred, che stava festeggiando il Natale con un nutrito gruppo di altri dirigenti dell’Inter. Immediatamente Scroogiotta si rese conto che il gruppo dei suoi sottoposti stava giocando ad “Indovina chi?”, e che il bersaglio di una descrizione ben poco educata era proprio lui. Il massimo dirigente ci rimase molto male, e lo Spirito, consapevole di aver colpito nel segno, fece un’espressione soddisfatta.

Mi dispiace per zio Beppeneezer però, mi dispiace che pensi che il Natale all’Inter sia come il Natale alla Juventus. Tutti sappiamo che non è così. Ma la cosa che più mi dispiace, in assoluto, è il fatto che lui sia l’unico a rimetterci per questo suo modo di pensare. In fondo, noi siamo tutti qui a ridere di Ricky Maravilla, a scherzare su Gabigol, a cantare Inter-Bell ogni volta che il nostro cuore sente che il momento è quello giusto.. E’ lui che perde qualcosa, non siamo noi. Non ha voluto accettare il mio augurio, tantomeno ha accettato il mio invito, ma che anche il caro zio Beppeneezer abbia un felice Natale sulle note di Interbell, glielo auguro con tutto il mio cuore nerazzurro!” Ci fu un momento di imbarazzo nella sala, ma poi pian piano, chi più, chi meno convinto, alzò il calice ed esclamò: “A Scroogiotta!”

Beppeneezer abbassò il capo, di nuovo colpito dall’affetto che gli altri gli dedicavano, nonostante la sua freddezza. Lo Spirito cambiò di nuovo luogo: ora si trovavano in un ampia sala priva di ogni arredamento. Scroogiotta notò qualcosa di differente nello spirito, appariva invecchiato, la barba bianca, ampie rughe gli solcavano il viso. Decisamente non sembrava più Romelu. “La vostra vita è così breve?”

 “Oh si, finisce stanotte, a mezzanotte!” ed un lugubre ticchettio iniziò a risuonare. Lo spirito si erse in tutta la sua altezza, la sua torcia sempre più flebile. Scroogiotta non potè fare a meno di notare quattro piccoli piedi che spuntavano dal pesante giaccone dello Spirito, piedi troppo piccoli per appartenergli.

 “Chi celate sotto il giaccone?” Lo Spirito, per tutta risposta, aprì le vesti e mostrò due bambini rannicchiati e li presentò: “Questo rappresenta tutti i #MITT che non saranno mai messi, e questo rappresenta tutti i #RIPIGL che non verranno mai ripresi. La responsabilità è solo di uomini come te, che comprano solo giocatori “fUnZiOnALi aL pRoGeTtO” invece di dare a questi giovani, idoli di ogni tifoso ma soprattutto dello stagno, una possibilità di brillare nella squadra che li ha allevati fin da piccoli!”

 Una campana suonò, e per lo Spirito fu come ricevere un colpo, tanto che cadde a terra. #MITT e #RIPIGL rimasero indifesi e Scroogiotta avanzò verso di loro dicendo:

 “Ma non hanno un rifugio! Non hanno chi si prende cura di loro!” Il #MITT crebbe e mutò fino a prendere le fattezze di Samuele Longo, da poco venduto da Scroogiotta: “Ma come vecchio? Il Vicenza non è una grande piazza!?”

Fu il turno del #RIPIGL, che si trasformò fino a diventare chiaramente Rafinha: “Tante promesse di ritorno, poi sono finito a giocare al PSG insieme a gente che finge infortuni alle scinokia.. Beppeneezer, ma non ti vergogni?”

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Samu Longo e #RIPIGL Rafinha

 Beppeneezer urlava dal dolore, mentre lo Spirito, coi suoi ultimi istanti di vita, si abbandonava ad una risata profonda, poi il silenzio. Scroogiotta rimase solo, col solo rumore di un orologio a scandire il tempo prezioso che passa. Dalla sua stessa ombra, crebbe una figura, che Beppeneezer sapeva essere il terzo Spirito.

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Testi di: Andrea Gobbo

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