Caro Rano Diario,
15/09
“Ma, fammi capire, abbiamo veramente perso in casa col Parma?”
“Sì”
“E ci ha segnato contro il nostro terzino in prestito tirando da 800 metri sotto l’incrocio?”
“Sì”
“E tra tre giorni dobbiamo giocare la prima gara di Champions contro una delle migliori squadre europee, contro il capocannoniere del mondiale e con Skriniar terzino?”
“Già”
“Siamo fottuti.”
18/09
L’HA RIPRESA VECINOOOOOOOOOOOOOOOOO
“Porca troia non ho più l’età per vivere certe emozioni, ora vediamo di recuperare in campionato in maniera più serena, per carità.
Quattro giorni dopo… 22/09
“BROZOOOOOO,L’HA MESSA EPIIIIC, ANNULLATECI ANCHE QUESTO EH!? BASTARDIIII! LA VAR FICCATEVELA NEL…”
25/09
È UN AEREO? NO! È UN UCCELLO? NO! È SUPERMAN? NO, E’ DANILONE D’AMBROSIO!
“Va beh regà, dopo aver visto, nel giro di una settimana, due vittorie al novantesimo e Danilo D’Ambrosio posseduto dallo spirito di Beckenbauer segnare il goal decisivo contro la Fiorentina sono abbastanza certo che nulla al mondo potrà più sorprendermi in questa stagione”
29/09
“MITTTTTT!! Grande Lautaro! Oh e che bel cross, chi è che ha fatto l’assist che me lo sono perso?”
“Dalbert”
“ahahahahaha dai smettila di prendermi per il culo, chi è che ha fatto il cross?”
“Eh non so come altro dirtelo, lo ha fatto davvero Dalbert”
“Ah”
E niente, caro RanoDiario, questa è la vita che ogni interista si è scelto. Un rollercoaster continuo e del tutto insensato, scioccante e imprevedibile quanto i congiuntivi di Di Maio. Le ultime due settimane sono state la sintesi perfetta di cosa voglia dire essere interista. Sconforto, bestemmie, sfortuna, polemiche, infarti, urla, VAR, goal di gente a caso, altri infarti, gioia incontenibile, tutto condensato in 360 minuti. Arthur Schopenhauer in una delle sue massime più famose disse che la vita umana è come un pendolo che oscilla incessantemente tra il dolore e la noia, passando per l’intervallo fugace, e per di più illusorio, del piacere e della gioia. Ecco, fosse stato interista avrebbe dedotto come la nostra vita in realtà non sia altro che un pendolo che oscilla incessantemente tra un attacco cardiaco e un colpo apoplettico, passando per l’intervallo fugace, e per di più illusorio, dello Xanax. La sofferenza, nelle vittorie e nelle sconfitte, fa parte del nostro DNA esattamente come i colori neroazzurri e i terzini sinistri incapaci di intendere e di volere. E noi ne abbiamo fatto quasi un segno distintivo. L’interista è talmente abituato ad affrontare situazioni simili che ha creato un sistema infallibile di autocommiserazione e autoironia per potere andare avanti. Pensate ad esempio alla differenza con uno juventino che da 7 anni vive tendenzialmente una situazione di calma piatta in cui a marzo ha già vinto lo scudetto e ad aprile di solito ha già fatto la solita figura di merda in Europa. Egli è talmente abituato a vivere nella tranquillità che al primo episodio un minimo controverso monta su un casino incredibile tirando in ballo i poteri forti, gli illuminati o i succhini. Ci sarà un motivo se il popolo nerazzurro ha regalato al mondo della comicità artisti del calibro di Paolo Rossi, Enrico Bertolino e Aldo, Giovanni e Giacomo mentre l’unico contribuito dato dalla vecchia signora corrisponde al nome di Ezio Greggio.
“One way ticket to hell… and back” cantavano i The Darkness. Un biglietto verso l’inferno e ritorno. Esattamente quello che sono state queste due settimane per ognuno di noi. Nel momento più difficile, non si sa come, non si sa perché, siamo risorti. Tutto questo durerà? Chi può dirlo. Il Toro Martinez è davvero così forte o farà la stessa fine di altri fenomeni incompresi dall’avvio promettente come Quaresma, Pazzini, Forlan, Jovetic ecc.? Solo il futuro potrà dirci la verità. Per ora godiamoci il momento, almeno fino al prossimo biglietto per la #CrisiInter.