Queste molto probabilmente sono le parole incise sul biglietto da visita di Julio Cruz. Si possono fare tutte le competizioni, le teorie, le elucubrazioni, ma chiunque abbia vissuto San Siro dal 2003 al 2009 sa benissimo che quando la situazione si complicava dagli spalti si alzava un solo grido: “MITT AL JARDINERO!”
Certo, classificare il Giardiniere più famoso del mondo dopo Edward Mani di Forbici come un Mitt ha comportato non pochi problemi. Secondo la definizione ufficiale dell’accademia della Crusca di Ranocchiate infatti:
“Il Mitt dovrebbe avere tra 1 e pochissime presenze e, ovviamente, un numero di goal compreso tra 0 e i capelli di Luciano Spalletti”
Chiaramente queste sono tutte caratteristiche che mancano a Julio, che ha più di 130 presenze e una cinquantina di goal in maglia nerazzurra. Numeri irraggiungibili per qualsiasi altro Mitt. Tuttavia, in una competizione come la Mitt Cup non poteva mancare l’uomo che più di tutti era in grado di risolvere le partite entrando dalla panchina. Era una vera e propria sentenza. Possiamo definirlo un Mitt Concettuale. Forse è stato il capostipite stesso della dinastia Mitt, e anche l’unico in grado di combinare qualcosa di davvero utile e non segnare solo contro il Bologna. Anzi, durante tutta la sua carriera in Europa sviluppò una certa capacità di purgare sovente sia il Milan che soprattutto la Juve. Ora, voi ve lo immaginate Gabigol che fa 10 goal contro la Juve? Fantascienza
Julio Cruz arriva all’Inter in una delle peggiori stagioni dell’epoca pre-calciopoli. È l’anno di grazia 2003, anno in cui viene promosso a direttore sportivo Marco Branca. Come già ricordato nell’articolo sul Cecchino Andy Van Der Gol, quell’estate Branca iniziò a dimostrare tutto il suo talento portando a Milano gente a caso tipo Helveg e Luciano/Eriberto. In una confusissima rosa composta da gente come Francesco Coco, Gonzalo Sorondo, Carlos Gamarra, e Lele Adani (il quale probabilmente era rimasto solo per praticare dell’autoerotismo vista la quantità di Garra Charrua presente in quella squadra) si aggirava anche un ragazzone timido e apparentemente innocuo chiamato El Jardinero. Fortemente voluto da Hector Cuper, l’argentino sembrava in realtà il classico acquisto effettuato solo per organizzare la classica sagra dell’asado, molto in voga ad Appiano in quegli anni. Quanto cazzo mi manca quel clima di convivialità e cazzeggio tipica della gestione Moratti.
In quell’anno infatti i titolari designati furono Vieri e Adriano, con Oba Oba in rampa di lancio, il cocco del presidente Recoba a fare da Mitt e Mohamed Kallon a fare non si sa bene cosa. Tuttavia, l’Hombre Vertical di calcio ne capiva e sebbene partisse poche volte da titolare il posto per Julio lo si trovava sempre. Alla sua seconda presenza, manco a dirlo, Julio si presentò al grande pubblico nella magica notte di Highbury. Memorabile fu infatti la sua esultanza da cecchino insieme ad Andy Van der Meyde. Poi ok, fece anche un goal fondamentale, ma di quello non si ricorda giustamente nessuno. Le carriere dei due presero strade molto diverse e l’argentino ci regalò altri 6 anni di gioie da subentrato con goal fondamentali. Il suo unico errore? Andare via l’anno prima del triplete. Per capire cosa volesse dire vivere all’epoca del Jardinero, il modo migliore è rivivere il derby del 2007. Inter sotto 1-0, goal ovviamente dell’ex Ronaldo che, in versione cinghialotto, ci percula pure nell’esultanza. Quando la partita sembrava irrecuperabile Mancini decide di far entrare Julio Cruz che ci mette 11 secondi a risolvere la situazione e a dare il via alla rimonta. “Sono Julio Ricardo Cruz, Risolvo Problemi”.
Forse parlerò da romantico, ma uno come Julio avrebbe meritato di vincere tutto. Ricorderò sempre la sua umiltà e il suo sincero amore verso i colori nerazzurri. La prima immagine che mi viene in mente pensando a lui non è però un goal o una giocata decisiva. È il 18 maggio 2008 e a Parma l’Inter stava per produrre un remake in HD del 5 maggio. Julio gioca titolare per sostituire l’acciaccato Zlatan Ibrahimovic, ma il portiere del Parma, Pavarin, gli impedisce più volte di regalarci e regalarsi una gioia più che meritata. Per sbloccare una situazione come quella c’è bisogno di una stella e in quel momento la stella nerazzurra ha l’accento svedese e un naso da albatros. Dopo il primo goal tutti i compagni vanno ad abbracciare Zlatan, tutti tranne uno. Julio, stremato, si inginocchia davanti al settore ospiti colmo di tifosi nerazzurri e, stremato, alza i pugni al cielo sotto il diluvio per esultare con la sua gente. Questo era El Jardinero, gregario umile dal cuore nerazzurro.
Queste molto probabilmente sono le parole incise sul biglietto da visita di Julio Cruz. Si possono fare tutte le competizioni, le teorie, le elucubrazioni, ma chiunque abbia vissuto San Siro dal 2003 al 2009 sa benissimo che quando la situazione si complicava dagli spalti si alzava un solo grido: “MITT AL JARDINERO!”
Certo, classificare il Giardiniere più famoso del mondo dopo Edward Mani di Forbici come un Mitt ha comportato non pochi problemi. Secondo la definizione ufficiale dell’accademia della Crusca di Ranocchiate infatti:
“Il Mitt dovrebbe avere tra 1 e pochissime presenze e, ovviamente, un numero di goal compreso tra 0 e i capelli di Luciano Spalletti”
Chiaramente queste sono tutte caratteristiche che mancano a Julio, che ha più di 130 presenze e una cinquantina di goal in maglia nerazzurra. Numeri irraggiungibili per qualsiasi altro Mitt. Tuttavia, in una competizione come la Mitt Cup non poteva mancare l’uomo che più di tutti era in grado di risolvere le partite entrando dalla panchina. Era una vera e propria sentenza. Possiamo definirlo un Mitt Concettuale. Forse è stato il capostipite stesso della dinastia Mitt, e anche l’unico in grado di combinare qualcosa di davvero utile e non segnare solo contro il Bologna. Anzi, durante tutta la sua carriera in Europa sviluppò una certa capacità di purgare sovente sia il Milan che soprattutto la Juve. Ora, voi ve lo immaginate Gabigol che fa 10 goal contro la Juve? Fantascienza
Julio Cruz arriva all’Inter in una delle peggiori stagioni dell’epoca pre-calciopoli. È l’anno di grazia 2003, anno in cui viene promosso a direttore sportivo Marco Branca. Come già ricordato nell’articolo sul Cecchino Andy Van Der Gol, quell’estate Branca iniziò a dimostrare tutto il suo talento portando a Milano gente a caso tipo Helveg e Luciano/Eriberto. In una confusissima rosa composta da gente come Francesco Coco, Gonzalo Sorondo, Carlos Gamarra, e Lele Adani (il quale probabilmente era rimasto solo per praticare dell’autoerotismo vista la quantità di Garra Charrua presente in quella squadra) si aggirava anche un ragazzone timido e apparentemente innocuo chiamato El Jardinero. Fortemente voluto da Hector Cuper, l’argentino sembrava in realtà il classico acquisto effettuato solo per organizzare la classica sagra dell’asado, molto in voga ad Appiano in quegli anni. Quanto cazzo mi manca quel clima di convivialità e cazzeggio tipica della gestione Moratti.
In quell’anno infatti i titolari designati furono Vieri e Adriano, con Oba Oba in rampa di lancio, il cocco del presidente Recoba a fare da Mitt e Mohamed Kallon a fare non si sa bene cosa. Tuttavia, l’Hombre Vertical di calcio ne capiva e sebbene partisse poche volte da titolare il posto per Julio lo si trovava sempre. Alla sua seconda presenza, manco a dirlo, Julio si presentò al grande pubblico nella magica notte di Highbury. Memorabile fu infatti la sua esultanza da cecchino insieme ad Andy Van der Meyde. Poi ok, fece anche un goal fondamentale, ma di quello non si ricorda giustamente nessuno. Le carriere dei due presero strade molto diverse e l’argentino ci regalò altri 6 anni di gioie da subentrato con goal fondamentali. Il suo unico errore? Andare via l’anno prima del triplete. Per capire cosa volesse dire vivere all’epoca del Jardinero, il modo migliore è rivivere il derby del 2007. Inter sotto 1-0, goal ovviamente dell’ex Ronaldo che, in versione cinghialotto, ci percula pure nell’esultanza. Quando la partita sembrava irrecuperabile Mancini decide di far entrare Julio Cruz che ci mette 11 secondi a risolvere la situazione e a dare il via alla rimonta. “Sono Julio Ricardo Cruz, Risolvo Problemi”.
Forse parlerò da romantico, ma uno come Julio avrebbe meritato di vincere tutto. Ricorderò sempre la sua umiltà e il suo sincero amore verso i colori nerazzurri. La prima immagine che mi viene in mente pensando a lui non è però un goal o una giocata decisiva. È il 18 maggio 2008 e a Parma l’Inter stava per produrre un remake in HD del 5 maggio. Julio gioca titolare per sostituire l’acciaccato Zlatan Ibrahimovic, ma il portiere del Parma, Pavarin, gli impedisce più volte di regalarci e regalarsi una gioia più che meritata. Per sbloccare una situazione come quella c’è bisogno di una stella e in quel momento la stella nerazzurra ha l’accento svedese e un naso da albatros. Dopo il primo goal tutti i compagni vanno ad abbracciare Zlatan, tutti tranne uno. Julio, stremato, si inginocchia davanti al settore ospiti colmo di tifosi nerazzurri e, stremato, alza i pugni al cielo sotto il diluvio per esultare con la sua gente. Questo era El Jardinero, gregario umile dal cuore nerazzurro.
🐊 - Buongiorno a tutti ma a Massimiliano tanto finirete sesti Allegri un po’ di più. 🐊 -Curva Nord: OOOOOH FINO AL VENTESIMO NON SI CANTA PRIMO ANELLOOOOO Il primo verde e tutto lo stadio: pic.twitter.com/M8ajcFMWwe — Lisq (@lisa__lisah) January 18, 2023 🐊 - Ieri a San Siro c’era un’atmosfera da ultimo giorno di scuola. Ora ci manca […]
0' - Mi si sono confusi i giorni, un'ora fa stavamo giocando a Roma, mezz'ora fa facevamo le dirette dallo spogliatoio con la Coppa, ora giochiamo di nuovo. Ma siamo noi? Cioè l'Inter? PRIMO TEMPO 1' - ROOOOMMMEEEELLLUUUUUU ma così presto è legale? 2' - BAREEEEEEEEEEEE no dai non mi date illusioni, stiamo giocando troppo […]
COUUULD YOU BE LOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOVED Eh-ehm (colpo di tosse di disimpegno che non nasconde le occhiaie di due notti insonni). Scusate tutti per lo stato in cui ci avete beccato, ma, si sa, giocare dopo 72 ore dalla finale di Coppa Italia potrebbe aver influito sulla nostra forma psico-fisica. Oddio non che di solito fossimo dei […]
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