Lo ammetto. Quando mi è stato chiesto di preparare un articolo su Mariano Gonzalez il primo pensiero è andato a mia madre, visto che a quel punto il suicidio mi è sembrata un’ottima alternativa. Tuttavia, non mi sono perso d’animo e ho cercato in qualche modo di riaprire il cassetto dei ricordi per rimembrare le gesta di questo dimenticato MITT.
Per prima cosa ho provato a cercare qualche immagine o video di Mariano in maglia nerazzurra. Il problema è che cercando su qualunque motore di ricerca “Mariano Gonzalez” l’unico risultato emerso è l’improbabile protagonista di una serie tv prodotta da Disney Channel America Latina dal nome “O11CE Undici campioni”. Dopo aver verificato che tra questi undici campioni non ci fosse il nostro Mariano, e questa non è una sorpresa, ho provato a cercare nel database del MITT OFFICE in seno all’ Head Quarter di Ranocchiate a Cape Canaveral. Tra un nudes di Joao Mario e l’altro alla fine sono riuscito ad ottenere una testimonianza diretta da parte di un informatore anonimo che sostiene di essere stato testimone del passaggio di “Speedy Gonzalez”, questo il suo soprannome, tra le file della beneamata. Prima però è utile fare un riepilogo della carriera di questo desaparecido dal cuore d'oro.
Mariano cresce in Argentina nel Racìng Club, squadra che ha dato i natali a campioni del calibro di Diego Milito e Lautaro Martinez. Viene prontamente individuato dagli osservatori del Palermo, che di solito con gli argentini ci azzeccano, che decidono di portarlo a Palermo pregustando già una succosa plusvalenza. Inizialmente le cose sembrano girare per il verso giusto e un paio d’anni a buoni livelli hanno subito fatto attivare i sensi di ragno di Marco Branca che decise di scritturare, in prestito con diritto di riscatto, il buon Mariano per la stagione 2006/07.
In una sessione di mercato che ha visto arrivare a Milano gente del calibro di Zlatan Ibrahimovic, Patrick Vieira e Douglas Maicon, c’era veramente bisogno di portare a Milano quest’uomo? Assolutamente no, ma dopo aver scoperto che in quell’anno nella rosa nerazzurra figurava ancora Francesco Coco capite come il povero Mariano fosse l’ultimo dei problemi.
Chiaramente il prestito si trasforma in un Erasmus ben pagato e a fine anno, dopo aver comunque portato a casa uno scudetto, “Speedy Gonzalez” viene rispedito per direttissima in Sicilia senza passare dal Via. Francamente, sarà che all’epoca avevo appena scoperto le magie dell’autoerotismo, indi per cui non avevo tempo di concentrarmi su Mariano Gonzalez, ma l’unica cosa che ricordo della sua esperienza in nerazzurro è il fatto che avesse la faccia da impiegato delle poste.
La sua carriera comunque continua in maniera discreta in Portogallo dove col Porto riesce a vincere altri trofei a caso senza quasi mai mettere piede in campo e ora continua a giocare all’alba dei 37 anni nel Colon in Argentina.
Nonostante questo finale di carriera non faccia pensare ad altro se non a una rettoscopia e ormai praticamente nessuno ha memoria delle sue gesta, grazie al nostro informatore anonimo siamo riusciti a raccogliere una testimonianza esclusiva che rende onore a quello che forse è uno dei più sottovalutati eroi dell’epoca recente. Ecco le sue parole:
“Milano 27 maggio 2007.
In campo l’Inter sta dominando contro un Torino inerme, ultima partita di campionato in attesa della passerella finale e della premiazione dopo la cavalcata scudetto. In campo c’è Mariano. Siamo verso fine partita. Ci sono molti rumors di mercato. Da Ibra a Crespo. Ma soprattutto Figo che è tentato di lasciare il calcio giocato.
Viene assegnato un rigore per l’Inter. Sul dischetto si prepara senza alcun senso Mariano Gonzalez, forse consapevole che quella sarebbe stata la sua ultima presenza in maglia nerazzurra. Tutto lo stadio però inizia a intonare il coro FIGOOOO, FIGOOOO, FIGOOOO. Lui sconsolato, lascia il pallone sul dischetto a si allontana col capo chino. Tutto lo stadio applaude il gesto dell’argentino, dopo essersi chiesti per qualche istante chi cazzo fosse quello con la maglia numero 91 sul dischetto, ma poco dopo si dimentica subito e ricomincia a intonare suppliche a Figo affinché rimanesse a Milano.
Per me resterà sempre un eroe. Avrebbe potuto segnare un goal a San Siro, ma lo stadio gli ha chiesto di lasciare. O muori da eroe, o vivi tanto a lungo da diventare il cattivo. Lui ha scelto di diventare un eroe.
The end”
Dopo queste parole mi sono sentito scosso ed emozionato allo stesso tempo. Ho capito che, forse, tutto ciò che è avvenuto negli anni successivi è merito di quel gesto. Dopo tutto Figo grazie a quel momento rimase all’Inter altre due stagioni e durante la sua ultima stagione, quella 2008/09 favorì l’arrivo a Milano di un altro portoghese che, dalla panchina, avrebbe poi fatto la storia dell’Inter. Ricardo Quaresma.
Tutto il resto, come si suole dire, è storia.
Mariano Gonzalez forse non è stato un vero #MITT. Probabilmente nessuno sano di mente a San Siro in quegli anni si è sognato di gridare “MITT a Mariano”. Lui è stato di più. Mariano era forse il MITT che San Siro meritava, ma non quello di cui aveva bisogno in quel momento. E per questo motivo lo abbiamo cacciato. Ma lui poteva sopportarlo. Perché lui non era un MITT. Era un guardiano silenzioso che vegliava su di noi. Lui era un Cavaliere Oscuro.
Lo ammetto. Quando mi è stato chiesto di preparare un articolo su Mariano Gonzalez il primo pensiero è andato a mia madre, visto che a quel punto il suicidio mi è sembrata un’ottima alternativa. Tuttavia, non mi sono perso d’animo e ho cercato in qualche modo di riaprire il cassetto dei ricordi per rimembrare le gesta di questo dimenticato MITT.
Per prima cosa ho provato a cercare qualche immagine o video di Mariano in maglia nerazzurra. Il problema è che cercando su qualunque motore di ricerca “Mariano Gonzalez” l’unico risultato emerso è l’improbabile protagonista di una serie tv prodotta da Disney Channel America Latina dal nome “O11CE Undici campioni”. Dopo aver verificato che tra questi undici campioni non ci fosse il nostro Mariano, e questa non è una sorpresa, ho provato a cercare nel database del MITT OFFICE in seno all’ Head Quarter di Ranocchiate a Cape Canaveral. Tra un nudes di Joao Mario e l’altro alla fine sono riuscito ad ottenere una testimonianza diretta da parte di un informatore anonimo che sostiene di essere stato testimone del passaggio di “Speedy Gonzalez”, questo il suo soprannome, tra le file della beneamata. Prima però è utile fare un riepilogo della carriera di questo desaparecido dal cuore d'oro.
Mariano cresce in Argentina nel Racìng Club, squadra che ha dato i natali a campioni del calibro di Diego Milito e Lautaro Martinez. Viene prontamente individuato dagli osservatori del Palermo, che di solito con gli argentini ci azzeccano, che decidono di portarlo a Palermo pregustando già una succosa plusvalenza. Inizialmente le cose sembrano girare per il verso giusto e un paio d’anni a buoni livelli hanno subito fatto attivare i sensi di ragno di Marco Branca che decise di scritturare, in prestito con diritto di riscatto, il buon Mariano per la stagione 2006/07.
In una sessione di mercato che ha visto arrivare a Milano gente del calibro di Zlatan Ibrahimovic, Patrick Vieira e Douglas Maicon, c’era veramente bisogno di portare a Milano quest’uomo? Assolutamente no, ma dopo aver scoperto che in quell’anno nella rosa nerazzurra figurava ancora Francesco Coco capite come il povero Mariano fosse l’ultimo dei problemi.
Chiaramente il prestito si trasforma in un Erasmus ben pagato e a fine anno, dopo aver comunque portato a casa uno scudetto, “Speedy Gonzalez” viene rispedito per direttissima in Sicilia senza passare dal Via. Francamente, sarà che all’epoca avevo appena scoperto le magie dell’autoerotismo, indi per cui non avevo tempo di concentrarmi su Mariano Gonzalez, ma l’unica cosa che ricordo della sua esperienza in nerazzurro è il fatto che avesse la faccia da impiegato delle poste.
La sua carriera comunque continua in maniera discreta in Portogallo dove col Porto riesce a vincere altri trofei a caso senza quasi mai mettere piede in campo e ora continua a giocare all’alba dei 37 anni nel Colon in Argentina.
Nonostante questo finale di carriera non faccia pensare ad altro se non a una rettoscopia e ormai praticamente nessuno ha memoria delle sue gesta, grazie al nostro informatore anonimo siamo riusciti a raccogliere una testimonianza esclusiva che rende onore a quello che forse è uno dei più sottovalutati eroi dell’epoca recente. Ecco le sue parole:
“Milano 27 maggio 2007.
In campo l’Inter sta dominando contro un Torino inerme, ultima partita di campionato in attesa della passerella finale e della premiazione dopo la cavalcata scudetto. In campo c’è Mariano. Siamo verso fine partita. Ci sono molti rumors di mercato. Da Ibra a Crespo. Ma soprattutto Figo che è tentato di lasciare il calcio giocato.
Viene assegnato un rigore per l’Inter. Sul dischetto si prepara senza alcun senso Mariano Gonzalez, forse consapevole che quella sarebbe stata la sua ultima presenza in maglia nerazzurra. Tutto lo stadio però inizia a intonare il coro FIGOOOO, FIGOOOO, FIGOOOO. Lui sconsolato, lascia il pallone sul dischetto a si allontana col capo chino. Tutto lo stadio applaude il gesto dell’argentino, dopo essersi chiesti per qualche istante chi cazzo fosse quello con la maglia numero 91 sul dischetto, ma poco dopo si dimentica subito e ricomincia a intonare suppliche a Figo affinché rimanesse a Milano.
Per me resterà sempre un eroe. Avrebbe potuto segnare un goal a San Siro, ma lo stadio gli ha chiesto di lasciare. O muori da eroe, o vivi tanto a lungo da diventare il cattivo. Lui ha scelto di diventare un eroe.
The end”
Dopo queste parole mi sono sentito scosso ed emozionato allo stesso tempo. Ho capito che, forse, tutto ciò che è avvenuto negli anni successivi è merito di quel gesto. Dopo tutto Figo grazie a quel momento rimase all’Inter altre due stagioni e durante la sua ultima stagione, quella 2008/09 favorì l’arrivo a Milano di un altro portoghese che, dalla panchina, avrebbe poi fatto la storia dell’Inter. Ricardo Quaresma.
Tutto il resto, come si suole dire, è storia.
Mariano Gonzalez forse non è stato un vero #MITT. Probabilmente nessuno sano di mente a San Siro in quegli anni si è sognato di gridare “MITT a Mariano”. Lui è stato di più. Mariano era forse il MITT che San Siro meritava, ma non quello di cui aveva bisogno in quel momento. E per questo motivo lo abbiamo cacciato. Ma lui poteva sopportarlo. Perché lui non era un MITT. Era un guardiano silenzioso che vegliava su di noi. Lui era un Cavaliere Oscuro.
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