16/09/2018

RanoDiario - Episodio Terzo: Dimarco e l'ultraterrena manifestazione della #CrisInter

Caro Rano Diario,

13 giorni, 16 ore, 45 minuti, 12 secondi, ecco quando l’agonia finirà..

Parafrasando il capolavoro di Richard Kelly, Donnie Darko, è bene o male quello che tutti abbiamo pensato al termine di Bologna – Inter in vista della disturbante sosta per le nazionali. Certo nel film in realtà si preconizzava la fine del mondo, ma, vista la bella vittoria di Bologna, non mi sembrava il caso di essere così tragici. Mi sbagliavo.

Sarà che il popolo calcistico italiano vive di campanilismo, sarà che tifare una squadra in cui gioca Bonucci è oggettivamente un’esperienza difficile per tutti, in ogni caso le soste per le nazionali vengono accolte generalmente con lo stesso entusiasmo  con cui viene accolta la trentaseiesima telefonata da parte di un call canter indiano che ti propone un vantaggiosissimo abbonamento a l’Espresso di Nuova Delhi. Mettiamoci pure che la Nazionale italiana in questo momento propone un calcio entusiasmante quanto quello del Panathinaikos di Malesani e si ha la ricetta perfetta per due settimane sostanzialmente di merda.

Potrebbe andare peggio, penso, potrei essere Spalletti. Immagino questo povero uomo ormai non più nel fiore degli anni recarsi ad Appiano Gentile e osservare un impianto quasi deserto. Le uniche forme di vita rimaste sono D'Ambrosio che cerca di spiegare a Dalbert cosa significa “fare la diagonale”, che è un po’ come vedere Sferaebbasta spiegare a Balotelli come funziona la fusione del nocciolo, e nonno Borja che ha sequestrato la squadra dei Giovanissimi per metterli tutti in cerchio ad ascoltare i suoi ricordi della guerra del Peloponneso. Aggiungiamoci il fatto che le nazionali fanno più vittime della peste bubbonica e che i nostri fenomenali croati hanno scambiato la Nations League per Wimbledon prendendosi un pulito 6-0 e si capisce come mai il povero Lucianone si è presentato in conferenza stampa con un occhio solo e l’espressione di Boe dei Simpson dopo l’ennesimo tentativo di suicidio andato a vuoto.

Sabato 15/09

Ore 14.59

Finalmente l’agonia è finita. O almeno questo era quello che credeva la mia versione ottimista delle 14.59. Mi reco allo stadio con il solito carico di ottime sensazioni. A Milano c’è lo stesso clima di Copacabana, lo stadio è, al solito, pieno e l’atmosfera è magnifica. La vittoria di Bologna ha scacciato per due settimane le voglie di #CrisiInter e tra soli due giorni ritorniamo nel calcio che conta, quello vero, non quello in cui è finito Cerci. I miei pensieri riguardo il Robben di Velletri vengono interrotti dal fischio dell’arbitro e dalla consueta bestemmia pregiudizievole contro Dalbert da parte dell’Urlatore. Si comincia.

Ore 15.45

Fine primo tempo. La solita partita dominata ma senza goal, un grande classico di quest’anno a quanto pare. Mentre fumo seduto al mio posto mi fermo a riflettere su ciò che mi circonda: “San Siro pieno contro una neopromossa, Brozovic platinato, la palla non vuole entrare, vuoi vedere che ci pigliamo l’inculata?”. I miei pensieri vengono interrotti questa volta dall’annuncio dello speaker che avvisa del cambio Gobbi – Di Marco e dal commento immancabile del capo del mio Inter Club: “Occhio che questo era della nostra primavera ed è veramente forte, io lo preferisco a tutti i terzini che abbiamo”.

“Miki” – rispondo piccato – “capisco il tuo fetish per gli ex primavera, ma, senza offesa eh, io sto ancora aspettando Acquafresca titolare al mondiale in Sud Africa 2010”. Inizia il secondo tempo e scaccio via tutti i pensieri negativi, sarà mica possibile fare 5 punti in 4 giornate dai.

Donnie Darko Inter Parma

Ore 16:45

E infatti ne abbiamo fatti 4 in 4 giornate. Una partita semplicemente incredibile. Goal di Di Marco con una traiettoria che neanche io a 12 anni col Super Santos nelle spiagge della riviera, 20 tiri in porta completamente inutili e l’ennesima sconfitta casalinga. Il tutto incorniciato da un’incomprensibile gestione del VAR. Sono abbastanza convinto che Napoleone dopo Waterloo avesse più fiducia nell’umanità di quanta ne avessi io al triplice fischio. Inizialmente pensavo che durante le nostre partite in realtà gli omini del VAR passassero due ore a guardare i miglior sex tape amatoriali di Maurizio Costanzo e Maria de Filippi, poi mi hanno informato riguardo la nuova gestione del VAR. Ossia non si usa più il VAR. In pratica per una volta che il calcio italiano era riuscito a introdurre qualcosa di innovativo e funzionante si è giustamente deciso di tornare indietro e mandare tutto a puttane. Un po’ come se la Nasa dopo aver mandato l’uomo sulla luna avesse detto “bene ragazzi bravi tutti, ma da domani ci buttiamo sulla sperimentazione nel campo dei tagliaerba”. Bene così. 

13 giorni, 16 ore, 45 minuti, 12 secondi, ecco quando il mondo finirà..

Va bene, forse pensare alla fine del mondo dopo una sconfitta continua a risultare vagamente catastrofico, ma, di sicuro, nel cuore di ognuno di noi dopo questa partita rimane una certezza: la #CrisiInter non è mai davvero finita.

RanoDiario - Episodio Terzo: Dimarco e l'ultraterrena manifestazione della #CrisInter

Caro Rano Diario,

13 giorni, 16 ore, 45 minuti, 12 secondi, ecco quando l’agonia finirà..

Parafrasando il capolavoro di Richard Kelly, Donnie Darko, è bene o male quello che tutti abbiamo pensato al termine di Bologna – Inter in vista della disturbante sosta per le nazionali. Certo nel film in realtà si preconizzava la fine del mondo, ma, vista la bella vittoria di Bologna, non mi sembrava il caso di essere così tragici. Mi sbagliavo.

Sarà che il popolo calcistico italiano vive di campanilismo, sarà che tifare una squadra in cui gioca Bonucci è oggettivamente un’esperienza difficile per tutti, in ogni caso le soste per le nazionali vengono accolte generalmente con lo stesso entusiasmo  con cui viene accolta la trentaseiesima telefonata da parte di un call canter indiano che ti propone un vantaggiosissimo abbonamento a l’Espresso di Nuova Delhi. Mettiamoci pure che la Nazionale italiana in questo momento propone un calcio entusiasmante quanto quello del Panathinaikos di Malesani e si ha la ricetta perfetta per due settimane sostanzialmente di merda.

Potrebbe andare peggio, penso, potrei essere Spalletti. Immagino questo povero uomo ormai non più nel fiore degli anni recarsi ad Appiano Gentile e osservare un impianto quasi deserto. Le uniche forme di vita rimaste sono D'Ambrosio che cerca di spiegare a Dalbert cosa significa “fare la diagonale”, che è un po’ come vedere Sferaebbasta spiegare a Balotelli come funziona la fusione del nocciolo, e nonno Borja che ha sequestrato la squadra dei Giovanissimi per metterli tutti in cerchio ad ascoltare i suoi ricordi della guerra del Peloponneso. Aggiungiamoci il fatto che le nazionali fanno più vittime della peste bubbonica e che i nostri fenomenali croati hanno scambiato la Nations League per Wimbledon prendendosi un pulito 6-0 e si capisce come mai il povero Lucianone si è presentato in conferenza stampa con un occhio solo e l’espressione di Boe dei Simpson dopo l’ennesimo tentativo di suicidio andato a vuoto.

Sabato 15/09

Ore 14.59

Finalmente l’agonia è finita. O almeno questo era quello che credeva la mia versione ottimista delle 14.59. Mi reco allo stadio con il solito carico di ottime sensazioni. A Milano c’è lo stesso clima di Copacabana, lo stadio è, al solito, pieno e l’atmosfera è magnifica. La vittoria di Bologna ha scacciato per due settimane le voglie di #CrisiInter e tra soli due giorni ritorniamo nel calcio che conta, quello vero, non quello in cui è finito Cerci. I miei pensieri riguardo il Robben di Velletri vengono interrotti dal fischio dell’arbitro e dalla consueta bestemmia pregiudizievole contro Dalbert da parte dell’Urlatore. Si comincia.

Ore 15.45

Fine primo tempo. La solita partita dominata ma senza goal, un grande classico di quest’anno a quanto pare. Mentre fumo seduto al mio posto mi fermo a riflettere su ciò che mi circonda: “San Siro pieno contro una neopromossa, Brozovic platinato, la palla non vuole entrare, vuoi vedere che ci pigliamo l’inculata?”. I miei pensieri vengono interrotti questa volta dall’annuncio dello speaker che avvisa del cambio Gobbi – Di Marco e dal commento immancabile del capo del mio Inter Club: “Occhio che questo era della nostra primavera ed è veramente forte, io lo preferisco a tutti i terzini che abbiamo”.

“Miki” – rispondo piccato – “capisco il tuo fetish per gli ex primavera, ma, senza offesa eh, io sto ancora aspettando Acquafresca titolare al mondiale in Sud Africa 2010”. Inizia il secondo tempo e scaccio via tutti i pensieri negativi, sarà mica possibile fare 5 punti in 4 giornate dai.

Donnie Darko Inter Parma

Ore 16:45

E infatti ne abbiamo fatti 4 in 4 giornate. Una partita semplicemente incredibile. Goal di Di Marco con una traiettoria che neanche io a 12 anni col Super Santos nelle spiagge della riviera, 20 tiri in porta completamente inutili e l’ennesima sconfitta casalinga. Il tutto incorniciato da un’incomprensibile gestione del VAR. Sono abbastanza convinto che Napoleone dopo Waterloo avesse più fiducia nell’umanità di quanta ne avessi io al triplice fischio. Inizialmente pensavo che durante le nostre partite in realtà gli omini del VAR passassero due ore a guardare i miglior sex tape amatoriali di Maurizio Costanzo e Maria de Filippi, poi mi hanno informato riguardo la nuova gestione del VAR. Ossia non si usa più il VAR. In pratica per una volta che il calcio italiano era riuscito a introdurre qualcosa di innovativo e funzionante si è giustamente deciso di tornare indietro e mandare tutto a puttane. Un po’ come se la Nasa dopo aver mandato l’uomo sulla luna avesse detto “bene ragazzi bravi tutti, ma da domani ci buttiamo sulla sperimentazione nel campo dei tagliaerba”. Bene così. 

13 giorni, 16 ore, 45 minuti, 12 secondi, ecco quando il mondo finirà..

Va bene, forse pensare alla fine del mondo dopo una sconfitta continua a risultare vagamente catastrofico, ma, di sicuro, nel cuore di ognuno di noi dopo questa partita rimane una certezza: la #CrisiInter non è mai davvero finita.

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