17/04/2020

Quel triangolo Jonathan-Alvarez-Rocchi

17 aprile 2013

A San Siro va in scena la semifinale di ritorno di Coppa Italia contro la Roma. La partita di andata all'Olimpico ci ha visti sconfitti per 2-1, ma il gol di Palacio tiene vive ancora un po' di speranze per il passaggio del turno.

Ovviamente non sarà facile visto che siamo una delle Inter più disadattate di sempre, e la Roma vede all'orizzonte una finalissima inedita contro la Lazio, ma comunque ci teniamo a giocarcela e scendiamo in campo belli carichi, dopo tutto Inter-Roma rimane un grande classico della coppa Italia.

Tra infortuni e squalifiche e casini vari, il nostro condottiero BeneBene Strama se la gioca con questo 11 portentoso:

Handanovic tra i pali, muro difensivo con Frog, Samuel e Juan Jesus, sugli esterni voliamo con i santissimi Schelotto e Jonathan, centrocampo solido con Zanetti, Kovacic e il Kuzmandante. In attacco ormai ci sono rimasti solo Ricky Maravilla e Nonno Rocchi che comunque tirano avanti la carretta con ardore e orgoglio. La panchina è proprio la sagra della Mittanza con Belec, Carrizo, Silvestre, Chivu, Pasa, Colombi, Bandini, Benassi, Forte, Belloni e Olsen.

Nella Roma invece abbiamo Stekelenburg tra i pali, difesa con Torosidis, Castan e l'accoppiata Marquinhos/Marquinho, a centrocampo Bradley, De Rossi, Florenzi e Lamela. Infine in attacco c'è Totti, che per questa sera accetterà un ruolo da comprimario, perché c'è soprattutto il ritorno a San Siro di Mattia Destro.

La partita inizia in modo stranamente equilibrato, fino a quando al ventesimo si sblocca clamorosamente tutto con quello che è, senza troppi giri di parole, il GOL PIU' BELLO DI TUTTA LA STORIA DELL'INTER.

Vi sfidiamo a trovarne uno migliore, è semplicemente impossibile.

Tutto inizia con un'anonima falcata del Divino Jonathan sulla fascia destra, una corsetta come tante, non una poderosa avanzata alla Zanetti, né un imperiosa cavalcata alla Camerata Biraghi.
Insomma nulla che possa anticipare quello a cui assisteremo da un secondo all'altro. Il Divino potrebbe anche scivolare lì (come è già successo in passato, tra l'altro) e tutto finirebbe ancor prima di cominciare.
Eppure in quel momento è tutto diverso e la storia del calcio sembra essersi incanalata in un binario che prenderà una piega impossibile.

Scaturisce tutto in un istante.
Ripensando a questo gol forse l'unico paragone sensato è quello di una scintilla, un innesco, come il big bang che diede il via alla nascita dell'universo.
Se qualche fisico volesse spiegarlo in modo semplice, beh, non ci sarebbe modo migliore che vedere e rivedere l'azione di questo gol.

Succede tutto in una frazione di secondo: Jonathan, sempre più a suo agio nelle vesti di Creatore Altissimo, fa partire un pallone innocuo verso Ricky Alvarez.

Il pallone rotola senza ancora sapere nulla, proprio come probabilmente faceva quella stessa anonima particella del big bang, ormai 13,7 miliardi di anni fa.

A questo punto è solo questione di un'istante, di un soffio. È la prima sillaba di una poesia, è il primo momento di una reazione chimica, è il primo sguardo di una storia d'amore.
Il pallone che viene colpito con classe dal tacco del nostro RA11 MAravilla, che lo restituisce al Divino. Il retro della scarpa di Ricky e il pallone, si incontrano per un istante come le dita di Dio e di Adamo nella Cappella Sistina di Michelangelo.

Di fronte a una giocata simile chiunque si emozionerebbe e finirebbe per sprecare tutto, preso alla sprovvista, ma ormai la reazione a catena è iniziata, l'universo sta nascendo, e Dio, scusate, Jonathan resta lucido. Non solo non butta alle ortiche quello che è appena successo, ma riesce addirittura nel miracolo di migliorarlo. Fa rotolare nuovamente quel piccolo embrione sferico verso l'area di rigore.
Ora noi non possiamo sapere cosa stesse pensando in quel momento Johnny. Se avesse visto con la coda dell'occhio il taglio di Rocchi dentro l'area, a portare via il difensore, se avesse saputo della sua presenza, o se ci avesse creduto, o scommesso, o sperato.

Inizieremmo ad addentrarci dentro le questioni ancora irrisolte della fede, dell'ateismo e dell'agnosticismo. Ancora una volta è meglio lasciare da parte le parole e concentrarci sulla visione del gol.

La realtà è che, e i fortunati presenti a San Siro possono confermarlo, Tommasone Rocchi era lì. Lì e in nessun altro punto dell'universo.
E sorprese tutti con la cosa più inaspettata: UN SECONDO COLPO DI TACCO.
Due nella stessa azione, la realizzazione di un sogno, come JD e Turk che trovano due sorpresine nei cereali, come voi che tornate a casa dopo una lunga giornata e vi trovate sia Joao Mario che Eriksen sdraiati nudi nel letto ad aspettarvi. Una cosa così a San Siro non si era mai vista e probabilmente non si rivedrà mai.

Ormai la bomba è stata innescata e non si può fermare, si può solo ammirare tanta bellezza e andare avanti. Rocchi libera lo spazio per il Divino mettendo il nostro metafisico brasiliano numero 42 da solo davanti al portiere.

Dicono che il 42 sia la risposta alla domanda fondamentale sulla vita, l'universo e tutto quanto. Può sembrare una risposta strana, ma come dicevamo, rivedetevi questo gol e di colpo vi sembrerà così ovvia.

Esaltato da questo livello incredibile di calcio-samba, Johnny, come il più bello dei brutti anatroccoli. si dimentica per un istante tutti gli insulti e i fischi ricevuti in passato, e, con la stessa tranquillità di quando palleggiava con i granelli di sabbia sulla spiaggia in Brasile, deposita il pallone in rete.

Forse, sotto le lenti scure degli occhiali da sole, tra un bel culo e un bel paio di tette, su quella spiaggia di Rio il nostro avvoltotione del calcio sudamericano, Marco Branca, per una volta ci aveva visto giusto.

42, cari amici. Nulla è casuale.

Qualsiasi tifoso interista avrà questa doppia triangolazione scolpita nella propria mente per sempre.
Non è un caso che il triangolo sia la forma perfetta, il simbolo del Divino, per l'appunto.

Non è un caso che, in quello stesso 2013, soltanto un mese dopo, l'Italia vincerà il Premio Oscar con il film La Grande Bellezza.

Jonathan ha appena realizzato il gol più bello di sempre, abbraccia i suoi compagni, saluta i tifosi al primo arancio ancora sbalorditi come a dirgli "sì, è tutto vero".

In quel momento l'Inter non è solo virtualmente in finale. È virtualmente in paradiso.

Da quel momento in poi, per chiunque, il resto della partita è soltanto un ricordo confuso.

Ci teletrasportiamo nello spogliatoio all'intervallo nonostante manchino ancora 24 minuti. Rientriamo in campo che non siamo più noi, o forse sì, abbiamo appena assistito alla replica più fedele della Creazione, una stupida partita di calcio ha poco senso.

Altrimenti non si spiega un secondo tempo così brutto. Non si spiega come facciamo a prendere gol da Destro, l'unico MITT mai stato MITT nella storia dell'Inter. L'unico che è stato venduto e per cui nessuno ha speso parole dolci, l'unico che segnava a raffica al Siena e per cui nessuno diceva #RIPIGL. L'unico che ancora oggi non se lo riporterebbe a casa nemmeno Marco Branca a cui un trans brasiliano ha versato di nascosto degli acidi nel caffè.

Quel gol ripensandoci è veramente una pugnalata. Si vede un giovanissimo Lamela che corre per vie centrali e lascia sul posto Zanetti, che arranca, e scivola addirittura a terra.
Parte un filtrante per Destro, che lascia sul posto tutti i nostri difensori e scavalca anche Handanovic con un tocco sotto. Dopo Zanetti, anche Samuel si lancia in una scivolata disperata e finisce a terra, impigliato nella rete come un salame. A ripensarci è un'immagine emblematica e poco rispettosa per due eroi come quelli, ma, di nuovo, tutto passa in secondo piano, probabilmente nessuno se ne ricorda più.

Dopo una decina di minuti De Rossi e Balzaretti infilano di nuovo la nostra difesa, servono Destro al centro dell'area piccola, che a porta vuota la mette in rete col piattone. Doppietta subita da Destro, un punto veramente imbarazzante e vergognoso per la nostra Inter. Perfino per una perennemente in crisi come quella.

Ma, a differenza di Ekdal, di De Ceglie, e di tanti altri ancora, di questi gol non ne sentiremo mai più parlare. Perché forse non sono neanche realmente esistiti. Quella serata è iniziata e finita nella durata di quel doppio triangolo.

Così, mentre la Roma festeggia alla grande in vista di una finale, a noi non ce ne frega assolutamente nulla. Ranocchia, Samuel e Juan Jesus non sono più una difesa, sono i tre pastorelli di Fatima.

Prendiamo anche UN GOL CON PALLONETTO DI TOROSIDIS. Che con i gol in trasferta sarebbe assolutamente irrilevante ai fini del risultato, eppure possiamo dire di aver subito il gol più bello della carriera anche di quest'altro terzinaccio greco stempiato, che per un momento ha oscurato anche il pallonetto di Totti a Julione di quell'altro 2-3 del 2005.

Chiusi gli occhi per tre volte

Mi ritrovai ancora lì

Chiesi a mio nonno è solo un sogno

Mio nonno disse sì

Facciamo anche il 2-3 con Ricky Alvarez, entrano dei Mitt che in situazioni normali ci avrebbero esaltati come Benassi e Francesco Forte, ma siamo ancora immersi in un nirvana ovattato dal quale è impossibile risvegliarci.

A due minuti dalla fine Strama toglie anche il Sommo Frog e mette Niccolò Belloni, così a sfregio proprio per rendere l'idea di quanto non ce ne freghi proprio più un cazzo.

I romanisti festeggiano per la finale, quel 26 maggio dove accadrà il gol del LULIC 71, un gol che tanti tifosi laziali forse descriverebbero come il "Più bello della loro vita".
Perfino un'emozione così, col brate della tua squadra che segna un gol decisivo in una finale contro i tuoi rivali di sempre, passa inevitabilmente in secondo piano.
Anche un ricordo così è solo polvere di stelle, originatasi da un big bang, il nostro, un big bang targato Jonathan-Alvarez-Rocchi.

Quel triangolo Jonathan-Alvarez-Rocchi

17 aprile 2013

A San Siro va in scena la semifinale di ritorno di Coppa Italia contro la Roma. La partita di andata all'Olimpico ci ha visti sconfitti per 2-1, ma il gol di Palacio tiene vive ancora un po' di speranze per il passaggio del turno.

Ovviamente non sarà facile visto che siamo una delle Inter più disadattate di sempre, e la Roma vede all'orizzonte una finalissima inedita contro la Lazio, ma comunque ci teniamo a giocarcela e scendiamo in campo belli carichi, dopo tutto Inter-Roma rimane un grande classico della coppa Italia.

Tra infortuni e squalifiche e casini vari, il nostro condottiero BeneBene Strama se la gioca con questo 11 portentoso:

Handanovic tra i pali, muro difensivo con Frog, Samuel e Juan Jesus, sugli esterni voliamo con i santissimi Schelotto e Jonathan, centrocampo solido con Zanetti, Kovacic e il Kuzmandante. In attacco ormai ci sono rimasti solo Ricky Maravilla e Nonno Rocchi che comunque tirano avanti la carretta con ardore e orgoglio. La panchina è proprio la sagra della Mittanza con Belec, Carrizo, Silvestre, Chivu, Pasa, Colombi, Bandini, Benassi, Forte, Belloni e Olsen.

Nella Roma invece abbiamo Stekelenburg tra i pali, difesa con Torosidis, Castan e l'accoppiata Marquinhos/Marquinho, a centrocampo Bradley, De Rossi, Florenzi e Lamela. Infine in attacco c'è Totti, che per questa sera accetterà un ruolo da comprimario, perché c'è soprattutto il ritorno a San Siro di Mattia Destro.

La partita inizia in modo stranamente equilibrato, fino a quando al ventesimo si sblocca clamorosamente tutto con quello che è, senza troppi giri di parole, il GOL PIU' BELLO DI TUTTA LA STORIA DELL'INTER.

Vi sfidiamo a trovarne uno migliore, è semplicemente impossibile.

Tutto inizia con un'anonima falcata del Divino Jonathan sulla fascia destra, una corsetta come tante, non una poderosa avanzata alla Zanetti, né un imperiosa cavalcata alla Camerata Biraghi.
Insomma nulla che possa anticipare quello a cui assisteremo da un secondo all'altro. Il Divino potrebbe anche scivolare lì (come è già successo in passato, tra l'altro) e tutto finirebbe ancor prima di cominciare.
Eppure in quel momento è tutto diverso e la storia del calcio sembra essersi incanalata in un binario che prenderà una piega impossibile.

Scaturisce tutto in un istante.
Ripensando a questo gol forse l'unico paragone sensato è quello di una scintilla, un innesco, come il big bang che diede il via alla nascita dell'universo.
Se qualche fisico volesse spiegarlo in modo semplice, beh, non ci sarebbe modo migliore che vedere e rivedere l'azione di questo gol.

Succede tutto in una frazione di secondo: Jonathan, sempre più a suo agio nelle vesti di Creatore Altissimo, fa partire un pallone innocuo verso Ricky Alvarez.

Il pallone rotola senza ancora sapere nulla, proprio come probabilmente faceva quella stessa anonima particella del big bang, ormai 13,7 miliardi di anni fa.

A questo punto è solo questione di un'istante, di un soffio. È la prima sillaba di una poesia, è il primo momento di una reazione chimica, è il primo sguardo di una storia d'amore.
Il pallone che viene colpito con classe dal tacco del nostro RA11 MAravilla, che lo restituisce al Divino. Il retro della scarpa di Ricky e il pallone, si incontrano per un istante come le dita di Dio e di Adamo nella Cappella Sistina di Michelangelo.

Di fronte a una giocata simile chiunque si emozionerebbe e finirebbe per sprecare tutto, preso alla sprovvista, ma ormai la reazione a catena è iniziata, l'universo sta nascendo, e Dio, scusate, Jonathan resta lucido. Non solo non butta alle ortiche quello che è appena successo, ma riesce addirittura nel miracolo di migliorarlo. Fa rotolare nuovamente quel piccolo embrione sferico verso l'area di rigore.
Ora noi non possiamo sapere cosa stesse pensando in quel momento Johnny. Se avesse visto con la coda dell'occhio il taglio di Rocchi dentro l'area, a portare via il difensore, se avesse saputo della sua presenza, o se ci avesse creduto, o scommesso, o sperato.

Inizieremmo ad addentrarci dentro le questioni ancora irrisolte della fede, dell'ateismo e dell'agnosticismo. Ancora una volta è meglio lasciare da parte le parole e concentrarci sulla visione del gol.

La realtà è che, e i fortunati presenti a San Siro possono confermarlo, Tommasone Rocchi era lì. Lì e in nessun altro punto dell'universo.
E sorprese tutti con la cosa più inaspettata: UN SECONDO COLPO DI TACCO.
Due nella stessa azione, la realizzazione di un sogno, come JD e Turk che trovano due sorpresine nei cereali, come voi che tornate a casa dopo una lunga giornata e vi trovate sia Joao Mario che Eriksen sdraiati nudi nel letto ad aspettarvi. Una cosa così a San Siro non si era mai vista e probabilmente non si rivedrà mai.

Ormai la bomba è stata innescata e non si può fermare, si può solo ammirare tanta bellezza e andare avanti. Rocchi libera lo spazio per il Divino mettendo il nostro metafisico brasiliano numero 42 da solo davanti al portiere.

Dicono che il 42 sia la risposta alla domanda fondamentale sulla vita, l'universo e tutto quanto. Può sembrare una risposta strana, ma come dicevamo, rivedetevi questo gol e di colpo vi sembrerà così ovvia.

Esaltato da questo livello incredibile di calcio-samba, Johnny, come il più bello dei brutti anatroccoli. si dimentica per un istante tutti gli insulti e i fischi ricevuti in passato, e, con la stessa tranquillità di quando palleggiava con i granelli di sabbia sulla spiaggia in Brasile, deposita il pallone in rete.

Forse, sotto le lenti scure degli occhiali da sole, tra un bel culo e un bel paio di tette, su quella spiaggia di Rio il nostro avvoltotione del calcio sudamericano, Marco Branca, per una volta ci aveva visto giusto.

42, cari amici. Nulla è casuale.

Qualsiasi tifoso interista avrà questa doppia triangolazione scolpita nella propria mente per sempre.
Non è un caso che il triangolo sia la forma perfetta, il simbolo del Divino, per l'appunto.

Non è un caso che, in quello stesso 2013, soltanto un mese dopo, l'Italia vincerà il Premio Oscar con il film La Grande Bellezza.

Jonathan ha appena realizzato il gol più bello di sempre, abbraccia i suoi compagni, saluta i tifosi al primo arancio ancora sbalorditi come a dirgli "sì, è tutto vero".

In quel momento l'Inter non è solo virtualmente in finale. È virtualmente in paradiso.

Da quel momento in poi, per chiunque, il resto della partita è soltanto un ricordo confuso.

Ci teletrasportiamo nello spogliatoio all'intervallo nonostante manchino ancora 24 minuti. Rientriamo in campo che non siamo più noi, o forse sì, abbiamo appena assistito alla replica più fedele della Creazione, una stupida partita di calcio ha poco senso.

Altrimenti non si spiega un secondo tempo così brutto. Non si spiega come facciamo a prendere gol da Destro, l'unico MITT mai stato MITT nella storia dell'Inter. L'unico che è stato venduto e per cui nessuno ha speso parole dolci, l'unico che segnava a raffica al Siena e per cui nessuno diceva #RIPIGL. L'unico che ancora oggi non se lo riporterebbe a casa nemmeno Marco Branca a cui un trans brasiliano ha versato di nascosto degli acidi nel caffè.

Quel gol ripensandoci è veramente una pugnalata. Si vede un giovanissimo Lamela che corre per vie centrali e lascia sul posto Zanetti, che arranca, e scivola addirittura a terra.
Parte un filtrante per Destro, che lascia sul posto tutti i nostri difensori e scavalca anche Handanovic con un tocco sotto. Dopo Zanetti, anche Samuel si lancia in una scivolata disperata e finisce a terra, impigliato nella rete come un salame. A ripensarci è un'immagine emblematica e poco rispettosa per due eroi come quelli, ma, di nuovo, tutto passa in secondo piano, probabilmente nessuno se ne ricorda più.

Dopo una decina di minuti De Rossi e Balzaretti infilano di nuovo la nostra difesa, servono Destro al centro dell'area piccola, che a porta vuota la mette in rete col piattone. Doppietta subita da Destro, un punto veramente imbarazzante e vergognoso per la nostra Inter. Perfino per una perennemente in crisi come quella.

Ma, a differenza di Ekdal, di De Ceglie, e di tanti altri ancora, di questi gol non ne sentiremo mai più parlare. Perché forse non sono neanche realmente esistiti. Quella serata è iniziata e finita nella durata di quel doppio triangolo.

Così, mentre la Roma festeggia alla grande in vista di una finale, a noi non ce ne frega assolutamente nulla. Ranocchia, Samuel e Juan Jesus non sono più una difesa, sono i tre pastorelli di Fatima.

Prendiamo anche UN GOL CON PALLONETTO DI TOROSIDIS. Che con i gol in trasferta sarebbe assolutamente irrilevante ai fini del risultato, eppure possiamo dire di aver subito il gol più bello della carriera anche di quest'altro terzinaccio greco stempiato, che per un momento ha oscurato anche il pallonetto di Totti a Julione di quell'altro 2-3 del 2005.

Chiusi gli occhi per tre volte

Mi ritrovai ancora lì

Chiesi a mio nonno è solo un sogno

Mio nonno disse sì

Facciamo anche il 2-3 con Ricky Alvarez, entrano dei Mitt che in situazioni normali ci avrebbero esaltati come Benassi e Francesco Forte, ma siamo ancora immersi in un nirvana ovattato dal quale è impossibile risvegliarci.

A due minuti dalla fine Strama toglie anche il Sommo Frog e mette Niccolò Belloni, così a sfregio proprio per rendere l'idea di quanto non ce ne freghi proprio più un cazzo.

I romanisti festeggiano per la finale, quel 26 maggio dove accadrà il gol del LULIC 71, un gol che tanti tifosi laziali forse descriverebbero come il "Più bello della loro vita".
Perfino un'emozione così, col brate della tua squadra che segna un gol decisivo in una finale contro i tuoi rivali di sempre, passa inevitabilmente in secondo piano.
Anche un ricordo così è solo polvere di stelle, originatasi da un big bang, il nostro, un big bang targato Jonathan-Alvarez-Rocchi.

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